Editore: | Adelphi |
Genere: | Spiritualità |
Autori: | Asvaghosa |
Pagine: | 258 pagine |
Lingua: | IT |
«Ebbro di forza, bellezza, giovinezza», Nanda teneva uno specchio
dinanzi al volto dell’amata Sundari, mentre lei si disegnava il trucco e
giocavano insieme. Entrò nel palazzo un monaco per la questua. Nessuno
lo vide, perché tutti si occupavano dei «passatempi amorosi e fatui del
loro signore». Quel monaco era il Buddha, fratello di Nanda. Da quel
momento, come un abile uccellatore, il Buddha comincia a tirare a sé la
sua preda: costringerà il fratello alla Liberazione.
Nanda è
perfetto esemplare dell’uomo naturale, nella sua versione più disarmante
e incantevole. Fin dall’inizio splende di «maestà graziosa» e le strofe
di Asvaghosa ce lo raffigurano come un nobile animale in una foresta
smaltata. Il richiamo alla Liberazione gli è affatto estraneo, tutto il
suo essere recalcitra. Mentre si avvia dal fratello, «per indecisione
non andava e non restava, come oca reale che nuoti sulle onde». Ormai
non vede più Sundari, che gli ha chiesto di tornare prima che il trucco
si asciughi, ma gli trafigge il cuore un suono: è il «tintinnio delle
cavigliere» di lei.
Eppure Nanda giungerà alla Liberazione. Ciò che Asvaghosa ci mostra è la storia di un mirabile irretimento nella salvezza. Le gesta del Buddha e Nanda il Bello sono le due valve di una stessa conchiglia: ma le Gesta sono l’epos di una conquista, Nanda
è il romanzo del viaggio di un uomo come tutti, anche se più bello di
tutti, di là dal piacere, di là dal paradiso, di là dal deserto della
trasmigrazione. Per un lettore di oggi, che è un uomo naturale come
Nanda, anche se forse non vive come lui in un «nido di diletto e di
gioia», quest’opera è l’occasione per seguire passo per passo un
insegnamento che scompone e ricompone le parti della nostra mente, e
della nostra vita, come un complicato giocattolo.
Asvaghosa, amabile
poeta, tessitore di immagini fragranti, scrisse quest’opera «mirante
alla quiete interiore» obbedendo alla «legge dell’arte», perché il miele
della poesia avvolgesse la salutare amarezza della dottrina e riuscisse
ad «attirare i lettori che avessero mente ad altro».